sabato 7 gennaio 2012

interessante!

http://www.psicologia1.uniroma1.it/repository/86/Abolizione_valore_legale.pdf


Ciao a tutti.
Studiando studiando ho scoperto un bell'articolo che ci riguarda molto da vicino in quanto universitari e future persone alla ricerca di un lavoro.
Ci riguarda in prima persona come studenti perchè anche noi in questo spazio e nelle assemblee in facoltà abbiamo avuto degli scambi riguardo la possibilità o meno, di trasformare la formazione come possibilità di riconoscerci delle competenze spendibili all'istante sul mercato del lavoro, e penso che tutto il processo che stiamo mettendo in atto sia strettamente legato a quest'articolo.
Tra l'altro l'ha scritto uno studente della Sapienza. buona lettura

e invito chi lo legge a condividere il proprio pensiero...

luca de santis

1 commento:

  1. Conoscevo l'articolo, ma non l'ho ancora letto (diciamo che riprende molto le tesi di einaudi e valitutti). Comunque riflettevo da un po' di tempo sull'argomento e sui significati impliciti che originano dalle peculiarità del sistema universitario italiano. La Sapienza si ritrova in una condizione molto particolare: da una parte sta subendo un rapido processo di trasformazione verso una maggiore liberalizzazione, cioè ha la necessità di conformarsi a quelli che sono i criteri di produzione e valutazione tipici della logica di mercato; dall'altra si percepisce, ed è formalmente riconosciuta, come organizzazione garante di un diritto, che si presuppone universalistico. Nella forma intermedia che sta assumendo, diciamo in un periodo di transizione, il risultato è che non è in grado di adeguarsi a nessuno dei due modelli, finendo per scontentare un po' tutti. Se, infatti, la privatizzazione è vista, valorialmente, come graduale perdita dei diritti allo studio universali, la funzione pubblica dell'università, se assunta come garanzia del diritto stesso (diritto inalienabile, e in quanto tale non sottoposto ad alcun giudizio di merito), porta ad un pericoloso implicito per il quale il servizio offerto non è nè sottoposto ad alcuna valutazione da parte di chi ne usufruisce (chi realmente valuta è solo chi finanzia, dunque lo Stato), nè ha necessità di essere valutato, in assenza di una reale competizione, che invece è fondamento della logica di mercato. E' secondo quest'ottica che è possibile, ad esempio, alzare del 50% le tasse agli studenti fuori corso da tre anni. Se l'intenzione esplicita è intervenire per ridurre i fuori corso, quella implicita è invece "farla pagare" a chi non risulta produttivo per l'ateneo, in quanto peso che non garantisce i fondi per il finanziamento statale. E questo è possibile perchè sostanzialmente l'Università in quanto "garante" di un diritto inalienabile, può pretendere dai suoi iscritti, vissuti totalmente come utenti e mai come clienti, in assenza di concorrenti sul mercato; così come può pretendere di non essere giudicata per l'offerta formativa e la qualità didattica, "doni" elargiti all'utente passivo, che avendo già garantito il diritto allo studio (per generosa concessione, mi verrebbe da dire), non può anche pretendere di avere il diritto di valutazione.

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